Dal primo gennaio sarà vietata in Italia la pratica dell'ingozzamento
forzato delle oche. E la disputa tra animalisti e allevatori arriva sulla
tavola delle feste.


Sarà l'ultimo Natale con il foie gras nostrano in tavola? Il fegato grasso
d'oca made in Italy ha i giorni contati, ma animalisti e produttori noon
hanno rinunciato a farsi la guerra. Posta in gioco la sopravvivenza del
raffinato antipasto. Tutto ruota intorno al decreto legislativo 146 emanato
nel 2001, quando ministro delle Politiche agricole era Alfonso Pecoraro
Scanio, che diventerà operativo dal primo gennaio 2004. Accogliendo una
direttiva europea del 1998 sulla protezione degli animali negli allevamenti,
il decreto sancisce una serie di obblighi per gli allevatori, con
l'obiettivo di rendere migliori le condizioni di vita degli animali. E
soprattutto vieta la pratica dell'ingozzamento forzato, il cosiddetto gavage
delle oche, indispensabile per la produzione di foie gras.
"Questo divieto costringe ala chiusura gli allevatori di oche e anatre e i
produttori d'Italia, paese che è stato la patria del fegato grasso" lamenta
Martin Dautriche, allevatore di oche a Sartirana Lomellina, in provincia di
Pavia. La pratica dell'ingrasso delle oche, in realtà, ha radici antiche.
Era nota agli egizi, usata dal popolo ebraico e dai romani. I francesi più
tardi hanno trasformato il foie gras in uno dei loro must gastronomici
facendone risalire l'origine a un cuoco di nome Close. "Ma a insegnare ai
cuochi d'Oltralpe come si prepR il fegto grasso è stata Caterina de' Medici"
spiega Dautriche. Quella sull'origine del foie gras, comunque, è un'altra
battaglia. Adesso la guerra in corso riguarda il futuro degli allevamenti
delle oche adatte a produrlo. A opporsi sono gli animalisti, Lega
antivivisezione in testa, che sottolineano come il foie gras richieda un
metodo di alimentazione forzata che causa una malattia, la steatosi epatica.
"Per alcune settimane" spiega Gianluca Felicetti, responsabile Lav, "viene
sparata nel gozzo degli animali, fino a otto volte al giorno, una palla di
mais cotto e salato del peso di 500 grammi. E' come se una persona che pesa
80 chili fosse costretta a mangiare 20 chili di spaghetti al giorno: una
tortura".
Sul versante opposto gli allevatori, riuniti nel Consorzio dei produttori di
palmipedi da ingrasso, negano di praticare metodi così invasivi e stanno
cercando di ottenere una deroga nell'applicaione della legge grazie alla
proposta di un nuovo regolamento. "Altrimenti saremo costretti a lasciare
tutta la produzione a Francia e Belgio con due effetti negativi" conclude
Dautriche. "Da un lao il rincaro del prezzo del foie gras, che dovrà essere
importato, dall'altro il rischio che sul mercato arrivi un prodotto
realizzato nei paesi dell'Est dove non esistono regolamenti, né una
tradizione che sia garanzia di qualità".

Caterina Belloni
"Io donna" 20 12 03